René Guénon, homo viator

Rene-guenon Ci si potrebbe chiedere chi fosse esattamente René Guénon (Blois 1886- Cairo 1951) perché rimane indubbiamente difficile e controverso oggi, a distanza di più di mezzo secolo dalla sua morte, poterne definire la figura, indubbiamente atipica per i suoi tempi . Guénon fu forse un filosofo? In realtà egli rifiutò di definirsi tale, rimanendo critico nei confronti del panorama filosofico moderno e dell’ ambito accademico. Fu forse un Maestro? Guénon non volle discepoli. Forse un tradizionalista reazionario? Ma in fondo si dimostrò consapevole della necessità del rinnovamento costante delle forme tradizionali. La sua figura si presta dunque a molteplici interrogativi ed interpretazioni, ma indubbiamente ciò che si può dire senza alcun dubbio è che Guénon fu un intellettuale sui generis, rappresentativo di un’orbita eccentrica rispetto alla cultura del suo tempo ed un acuto interprete di alcune tradizioni di Oriente ed Occidente, non solo un interprete di penna ma anche e soprattutto di vita, che con le sue intuizioni profonde riuscì a precorrere i tempi.

Ma al contempo si può parlare di una controversa quaestio guenoniana, riferibile alla sua vita, che comprese un particolare passaggio ,( scandaloso agli occhi di qualcuno), dal mondo cattolico all’Islam. Un passaggio anomalo in effetti poiché non si trattò né di un’abiura, né di una conversione e fu accompagnato da un itinerario altrettanto ricco di frequentazioni occultistiche, probabilmente discutibili, ma che per lui divennero argomento di critica al moderno e di rettificazione del punto di vista tradizionale. E’ ancor più controversa la quaestio, perché il suo pensiero ha prestato il fianco a interpretazioni politiche estremiste che hanno tentato di confinarlo nelle aree di estrema destra (Evola) , quando Guénon, in realtà vide nel fenomeno nazista e fascista due momenti parossistici della decadenza occidentale.

Altrettanto difficile e controversa risulta l’opera di Guénon per la vastità degli ambiti non solo indagati, ma anche intensamente vissuti . Ambiti tra gli Orienti e gli Occidenti tali per cui un approccio di tipo filosofico-speculativo postumo risulterebbe semplicistico o insufficiente, come affermano Nuccio D’Anna e Piero di Vona, poiché “il piano guenoniano è diverso e inusuale” e al fine di comprenderlo realmente sarebbero necessarie alcune condizioni. 1 In particolare un cambiamento di mentalità poiché come osserva un autorevole interprete dell’Islam, Alberto Ventura, è problematico e difficile per la nostra occidentale spogliarci delle nostre categorie mentali, per poter penetrare i modi orientali alquanto diversi per forma mentis: i primi facendo capo al principio di contraddizione, i secondi a quello di identità. 2

Un cambiamento di mentalità si renderebbe necessario, ma anche una certa dimestichezza con i testi delle tradizioni e lingue orientali , ossia con la materia con la quale Guenon si confrontò lungo l’arco della sua esistenza. La sua opera come lui stesso affermava, non rappresentò un sistema di pensiero ma un’interpretazione del corpus dottrinale tradizionale (non solo scritto ma anche orale) che egli sviluppò attraverso esperienze dirette, dunque dall’interno dei diversi contesti tradizionali che ebbe l’occasione di attraversare, dal Taoismo all’ Induismo, dall’Islam all’ Ebraismo, dal Cristianesimo ed Esicasmo all’ Ermetismo,dalla Libera Muratorìa, al Compagnonaggio.

Dal punto di vista della riflessione filosofica benché si debba essere cauti ad applicare tale termine al pensiero di Guénon, si può considerare la sua opera articolata in due momenti fondamentali : la parte destruens ( la fase critica) e la parte construens (la fase comparativa), benché non separabili.

Il primo è rappresentato dalla critica al moderno da lui avviata, abbozzata od approfondita, forse secondo criteri sufficientemente o non sufficientemente scientifici ed accademici (aspetto controverso) ,permanendo comunque come una potente critica alla modernità, quantomeno nutrita come si è detto, da intuizioni profonde. E’ impossibile infatti prescindere dagli aspetti più smaccatamente ideologici del suo pensiero nella considerazione della prospettiva, priva di dubbi o cedimenti, relativa ad un panorama tradizionale orientale integro, e per contro ad un’ attribuzione all’Occidente post medioevale di ogni decadenza in senso tradizionale. Così come rimane indubbiamente criticabile e insufficiente il suo approccio al mondo della filosofia , non indagata a fondo nelle fonti citate, né ricondotta ad un confronto con la contemporaneità. A tal proposito la critica apportata da Giuseppe Cognetti all’opera di Guénon ne rileva l’esclusivo approfondimento monotematico metafisico che il filosofo perseguì per tutta la vita ed il particolare approccio, riscontrabile nei suoi studi non di tipo analitico bensì sintetico ed intuitivo. 3

Ma René Guénon fu anche definito come “il più grande pensatore esoterico del XX sec. (Antoine Favre) e come “il rappresentante più importante e significativo dell’esoterismo contemporaneo” come ebbe a dire di lui Eliade,o un sapiente come lo definì Valsan. 4 Sebbene non siamo più nel ventesimo secolo e le tendenze del mondo delle idee siano cambiate, vale comunque la pena chiedersi cosa rappresenti oggi una figura come quella di Guénon e se possa avere ancora un senso parlare di esoterismo?

Per rispondere a questo veniamo al secondo aspetto dell’ opera guenoniana , la fase construens, riferibile a quella che oggi chiamiamo “apertura degli orizzonti interculturali”, di cui il Nostro fu un indubbio antesignano , avvertendo prima d’altri od insieme a pochi altri l’esigenza di un’apertura, di un cambiamento radicale del pensiero occidentale, anticipando i tempi. Ci riferiamo alla comparazione da lui avviata tra culture e religioni, tra Orienti e Occidenti, attraverso il commento ermeneutico alle forme della «Tradizione», intesa non come l’ insieme di usi e costumi, ma come la «trasmissione» del patrimonio mitologico-simbolico e metodologico dell’umanità, che Guénon distinse secondo due livelli di partecipazione : «exoterico», cioè esteriore e alla portata di tutti e «esoterico», cioè interiore, più profondo, di conseguenza meno facilmente comprensibile e che richiede l’avvio iniziatico.

Comparazioni che nel Nostro, come abbiamo già sottolineato, non rappresentarono un esercizio intellettuale, ma testimonianze di vita, abbracciando esperienze profonde e non solo teorie o dottrine, non secondo un facile e raffazzonato sincretismo, ma secondo un’esperienza spirituale integra , olistica, che diede spessore e rigore al suo pensiero. A tale distinzione se ne ricollega una seconda : quella tra tradizione scritta, rappresentata dai testi sacri, sapienziali, e tradizione orale, rappresentata dalle vie iniziatiche. Entrambe fondamentali sulla via di realizzazione spirituale, che come ci ricorda Guénon , prevede le propensioni interiori (o qualificazioni), un’appartenenza ad una via autentica e la trasmissione dell’influenza spirituale, che si manifesta attraverso una continuità tradizionale, di cui le collettività umana sono in tal senso veicolo. E’ in tale alveo iniziatico che la coscienza umana può gradualmente aprirsi attraverso una serie di passaggi e processi, alla consapevolezza della Realtà in senso intero olistico ed alla sua visione esoterica più profonda. 5

Ma a quale esoterismo si ricollegava Guénon? Secondo Di Vona si tratterebbe di un tradizionalismo esoterico religioso, da cui a caduta sarebbero derivate le sue concezioni filosofiche, ponendo invece come secondario l’aspetto critico. In tal senso Guénon sarebbe stato il primo vero maestro islamico europeo nel senso più completo del termine, benché avesse partecipato ed attinto ad altre tradizioni orientali ,rimanendo fondamentalmente sufico per la sua instancabile affermazione dell’Unità della Tradizione e Rivelazione date al genere umano.

Ma a ben vedere esisterebbe anche, come mostra Cognetti attraverso una serie di continui rimandi tematici e concettuali, “una sorta di sottotesto” nell’opera del Guénon collegabile sotto certi aspetti ad un grande rappresentante della Tradizione Indù: Sri Aurobindo. 6 Entrambi infatti non si definirono filosofi benché avessero scritto di filosofia ed ebbero un comune obiettivo, il processo di divinizzazione considerato come destino dell’essere umano, attraverso le alterne fasi cicliche dell’universo , che Guénon intravvide o forse più che altro auspicò in una possibile “’élite intellettuale”, e che Aurobindo individuò nell’”uomo transizionale” contemporaneo e nel suo lento processo di affrancamento volto al superamento del livello mentale, verso la divina gnosi o Coscienza di Verità.

Sorge quindi un dubbio: fu forse Guenon più vicino alla filosofia vedantica che non al sufismo? A quale tipo di metafisica faceva infatti riferimento Guénon? Alberto Ventura nell’ approfondire la questione metafisica la descrisse come una delle più importanti e determinanti della dottrina esoterica islamica, riguardante i rapporti tra unità e molteplicità. Rapporti complessi che hanno peraltro generato spesso equivoci di fondo nelle interpretazioni in materia. Entrando in merito alla delicata questione, commentando positivamente l’interpretazione guenoniana, egli fa riferimento ad un doppio concetto di unità : l’Unità pura (Ahadiyah) :“ ciò che contiene tutte le indefinite possibilità di manifestazione” e l’Unicità (Wahdah)ossia l’Unità considerata in rapporto di relazione con la molteplicità. Sostanzialmente due dimensioni: la prima relativa al Non manifestato e la seconda relativa alla Manifestazione degli esseri. 7

L’Esistenza Universale dal punto di vista dell’esoterismo islamico risulta quindi “Unica” e contemporaneamente riflesso dell’Unità principiale da cui si origina e da cui pertanto è distinta ma non separabile (a-dualità). La molteplicità procede dunque dall’Unità. Esattamente come la circonferenza ed i suoi punti si originano dal centro del cerchio , che ne determina i raggi corrispondenti. Tanto per usare una simbologia cara a Guénon. Appicando a tale simbologia il criterio della duplice visione, emerge che mentre quella exoterica attraverso il principio di non contraddizione tende a separare i Molti dall’Uno, in quella esoterico iniziatica al contrario prevale l’elemento di unione distintiva tra l’Uno e i Molti.

Un altro simbolo chiarificatore in tal senso è rappresentato dalle onde del mare, la cui molteplicità è apparente se considerata dal punto di vista d’insieme (il mare appunto), ma parimenti possiede una propria esistenza nelle singole onde. Haydar Amoli sintetizza tale visione osservando che il mare si moltiplica nelle forme delle onde, pur restando uno in realtà, così come le onde si fondono nell’unica forma del mare pur restando in sé molteplici. La visione fa dunque riferimento ad un’unità metafisica di tipo a-dualsitico.

Anche un noto ed autorevole esponente di un’altra tradizione, quella vedantica, Shankaracharya, utilizzando lo stesso simbolo a rappresentare un particolare aspetto della propria dottrina metafisica si esprime in senso omeomorfico, affermando che benché le onde non siano differenti dall’acqua del mare, non si può concludere pensando che esse svaniscano l’una nell’altra”. Tale visione corrisponde anche in questo caso benché in diverso contesto e con le debite profonde differenze religiose e culturali, ad un punto di vista metafisico a-dualistico che considera cioè l’armonizzazione di tutti gli aspetti possibili della manifestazione nell’unico ordine dell’universo. Prospettiva definita come “la contemplazione dell’unità nella molteplicità e della molteplicità nell’unità”, in cui nessuno dei due aspetti viene considerato a detrimento dell’altro. L’opera di Guénon è indubbiamente fondata su questa ispirazione a-dualista. A proposito dell’unità metafisica egli afferma infatti : “ Ci si è spesso domandati e piuttosto inutilmente come la molteplicità potesse uscire dall’unità senza accorgersi di aver mal posto la questione. Infatti la molteplicità non esce dall’unità. Essa è compresa nell’unità primordiale e non cessa di esserlo per il solo fatto del suo sviluppo in modo manifestato 8 ” Per rispondere dunque all’interrogativo da cui eravamo partiti e cioè a quale tipo di “metafisica” l’opera guenoniana facesse riferimento: se ad una dottrina vedantica o ad una sufica, potremmo allinearci con Valsan quando osservava che l’opera esoterica di Guénon trascende gli aspetti più propriamente distintivi indù o islamici pur comprendendoli in sè, essendo interpretabile in senso lato e tradizionalmente in senso metafisico uni-pluriversale , in quanto condotta non da un sincretismo bensì da una sorta di sintesi interiore aperta. Come affermava Guénon tali dottrine infatti, nelle loro distinzioni e diversità possono essere considerate analoghe quando si tratti del punto di vista della realizzazione metafisica, che consiste nel trovare la pienezza dell’essere e dunque nello sviluppo di tutte le sue possibilità di manifestazione, corrispondente alla presa di coscienza della realtà tempiterna. In tal caso le dottrine ne rappresenterebbero le varie e molteplici forme esteriori.

Oltre ai testi relativi alla metafisica, l’opera di Guènon è dedicata in gran parte alla comparazione ed all’ermeneutica dei simboli e dei miti delle varie Tradizioni. Un vero e proprio universo di simboli che per natura ci appartengono, come le diverse forme tradizionali ci mostrano e come vuole anche la stessa psicoanalisi.(sebbene in un senso molto diverso) Essi rappresentano un veicolo imprescindibile per accostarsi alla «metafisica», quivi considerata quale conoscenza sovra- razionale, realizzabile nell’immediatezza dell’attimo (non mediata dalla ragione riflessiva) dall’ intuizione intellettuale. Quest’ultima viene descritta da Guénon come quell’identificazione tra conoscente e conosciuto che può avvenire solo mediante l’intelletto superiore, facoltà trascendente che partecipa della natura divina insita nell’essere umano. In tal senso la «metafisica», intesa non come teoria ma come esperienza interiore, processo di indiamento, viene interpretata come la Verità, essendo «l’adeguamento della conoscenza alla Possibilità universale e totale»: in definitiva, la realizzazione dell’Infinito.

Una lettura di tal genere è consona ai nostri tempi? E a chi si rivolge? All’élite auspicata da Guénon, o ad un pubblico più vasto? O forse più a nessuno? Non possiamo oggi non considerare il nostro tipo di società complessa, i nostri tempi di“disincanto” e di vuoto metafisico che caratterizzano il post-moderno, ma d’altro canto non possiamo nemmeno sottacere la fine di una civiltà e di un modo di essere, il cosiddetto “post-umano e la società degli atomi insignificanti” , nella considerazione della nostra attuale ideologia scientifica e del suo esclusivo mondo di oggettività totalizzante e dei suoi meccanismi causali, che non lasciano spazio mentale alle soggettività ed alle loro rappresentazioni affettive ed immaginative 9 . Poiché è evidente che nell’epoca postmoderna le insufficienze della nostra attuale visione del mondo emergono in senso più che mai inquietante a tutti i livelli (personale, politico, sociale, psicologico, economico, religioso ) E’ indubbio che debba essere recuperata una certa dimensione sapienziale pena la sparizione dell’homo sapiens, e rivalutata la dimensione umana ineliminabile del mito e del simbolo perché è anche attraverso di essi che l’uomo continua consapevolmente o meno a costruirsi .

L ’uomo permane infatti homo symbolicus poiché il simbolo è alle radici della sua creatività e relazionalità con l’universo. 10 Il simbolo appella la nostra parte intuitiva ma anche il pathos profondo, e permette di sensibilizzarci e relazionarci alle diversità, aprendoci ad orizzonti di vita e di pensiero più vasti e contemporaneamente di acquisire una più equilibrata percezione critica di noi stessi e delle nostre relatività, avviandoci ad un riapprendi mento di un senso della vita, e di conseguenza ad una riscoperta di valori relativi ai rispettivi contesti. Fase essenziale e più urgente al fine della possibilità di sopravvivenza dell’essere umano e del suo ambiente vitale.

di Maria Roberta Cappellini

NOTE

1 Piero di Vona, Evola, Guénon, De Giorgio, Sear Edizioni, Reggio Emilia, 1993 ; Nuccio d’Anna , René Guénon e le forme della tradizione, Il Cerchio,Rimini, 1989.
2 Alberto Ventura, L’esoterismo islamico, Atanor, Roma, 1981.
3 Giuseppe Cognetti, L’arca perduta, Tradizione e critica del moderno in René Guénon, Angelo Pontecorboli Editore, Firenze, 1996.
4 Michel Valsan, La funzione di René Guénon, Edizioni del Veltro, Roma, 1985.
5 René Guénon, Considerazioni sulla via iniziatica, Basaia, 1988, Cap.II.
6 Giuseppe Cognetti, cit.
7 Alberto Ventura, cit., cap.III.
8 R.Guénon, Les états multiples de l’étre, Paris 1973, cap.V, 38-9.
9 Pietro Barcellona, Il sapere affettivo, Diabasis, Reggio Emilia, 2011.
10 Facciamo riferimento alle note tesi di Mircea Eliade, Gilbert Durand e Paul Ricoeur relative all’ homo symbolicus. La lectio di Guénon è anche tutto questo e in quanto tale permane valida tutt’ oggi ad indicare il cammino di quell’homo viator che lui stesso fu.