Scheda Libro
Melita Rosenholz si è assunta dunque da sé il compito non lieve di dedicare la propria tesi di laurea
a un tema di studio così importante, complesso, reso difficile dalla sua stessa unicità. Di fatto, il
pensiero di Panikkar rappresenta l’unico incontro propriamente teologico che sia mai intervenuto tra
orizzonte cristiano e orizzonte induista-buddhista. Ce ne sono stati diversi – non molti tuttavia –
sotto il profilo dell’esperienza spirituale o pastorale, e certamente ci sono stati studiosi cristiani del
mondo indiano e studiosi indiani imbevuti di cultura occidentale e competenti sul cristianesimo, ma
se si cerca un pensiero teologico compatto e unitario che abbia entrambe le radici e da entrambe attinga ugualmente, il solo nome che possa venire in mente è quello di Panikkar. La sua opera è un unicum è probabilmente lo resterà, frutto di una personalità eccezionale e di un’esperienza biografica insolita e sotto questo profilo assolutamente privilegiata.
Il fatto che Panikkar sia sempre rimasto – per quanto faticosamente – un sacerdote cattolico e che alla fine il radicamento occidentale abbia avuto una prevalenza forse non solo quantitativa nel suo arco di vita, non comporta che la dimensione cristiana abbia nel suo pensiero una centralità teologica che, quasi imperialisticamente, si estende a periferie orientali. Anzi, proprio il cuore di tale dimensione cristiana è profondissimamente trasformato dalle radici indiane, così da far emergere un cristianesimo tanto vedico quanto biblico, fondato non sul monoteismo ma su una rilettura della dottrina trinitaria che consentirebbe, forzando forse la lettera ma non lo spirito degli scritti di Panikkar, di definire la sua teologia tanto politeistica quanto ateistica, e cioè, in una sola parola, la parola più propria di Panikkar, cosmoteandrica. Profondamente cristiana, peraltro, proprio nel rifiutare la differenza ontologica tanto tra uomo e cosmo quanto tra uomo e Dio.
Appunto per questo quella di Panikkar è per eccellenza la teologia del dialogo religioso. Non nel senso che lo auspichi o lo legittimi, ma nel senso che lo è essa stessa, che non ha altro contenuto che non sia il reciproco confluire di universi religiosi, senza alcun miscuglio sincretistico o orientalismo di maniera: tutti autentici, tutti profondamente vissuti, ciascuno esteso fino a comprendere l’altro, restando tuttavia se stesso.
Scheda autore
Melita Rosenholz dopo la Maturità Artistica e la Laurea in Scienze dei Beni Antropologici presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Perugia ed il Diploma della Scuola di Filosofia Orientale e Comparativa pressol’Istituto di Scienze dell’Uomo di Rimini, ha ottenuto il Diploma di Laurea Magistrale in “Sociologia della Multiculturalità” presso la Facoltà di Sociologia dell’Università “Carlo Bo” di Urbino. Tesi di Laurea: “Di casa in entrambi i Mari. Raimon Panikkar tra Oriente e Occidente”. Vincitrice di una borsa di studio per il “Progetto Erasmus” presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bucarest (Romania).
Nell’ambito del Master in “Stince politice si administrative” (Scienze Politiche e Amministrative) ha tenuto lezioni di italiano per gli studenti dell’Università di Bucarest e praticato attività di volontariato all’interno del monastero di Chitila nell’ambito di programmi rivolti all’aiuto e al sostegno dei bambini di strada.